Un dodo per amico

(Si consiglia di leggere con musica allegra e solare. Oppure fate un po’ come ve pare).

Il dodo e io siamo stati assenti per un po’, ma non è dipeso da eventi catastrofici. Certo, si poteva pensare che avessero arrestato me per detenzione illegale di pennuto estinto e deportato lui nell’Area 51 per farci gli esperimenti (a tal proposito, vi informo che il 19/09/2019 ci sarà un’invasione della stessa. Così, nel caso vi foste persi l’evento facebook). In realtà, molto semplicemente, sono solita andare in ferie come tutti quelli che lavorano e si ostinano a voler avere una vita; l’insieme di piume sicuramente non lo potevo lasciare a casa da solo, quindi ho dovuto cominciare a progettare le vacanze.

Quando a giugno ho prenotato, il dodo non era ancora nella mia vita. Arriva agosto e con esso la crisi improvvisa: potrà volare(!)? Si considera bagaglio da stiva, merce da dichiarare, animale da compagnia, animale selvatico, suppellettile, o accompagnatore? E, prima ancora di arrivare a questo, cosa penseranno le persone? Ammesso che possano vederlo, intendiamoci, perché continuo a pensare che sia un parto della mia immaginazione.

“Coso, ma avrai mica il potere dell’invisibilità?”
Mi guarda. Lo guardo. ‘Sta storia è straziante, ogni volta. Mai che rispondesse subito, fosse anche con un gesto! Andiamo avanti così per interminabili minuti, come sempre, mentre i dinosauri resuscitano e si estinguono di nuovo.
Senza dire nulla, sbuffa (ormai si crede più intelligente di me, lo so) e si ferma davanti alla porta. Quando vede che non la apro, si gira e mi guarda, con quell’espressione tanto simile a quella della mia migliore amica quando mi disapprova. La faccina sic, quella che usavo anche io ai tempi di MSN, qualcosa del genere  ¬_¬
Capisco che la sua soluzione è uscire, andare tra la gente. Come funziona, dovrei usare un guinzaglio? Legarlo con lo spago delle braciole, che magari mi scappa? Metterlo nello zainetto che si usa per portare i bambin… no, quello no. Sai che mal di schiena, con questo ciccione appeso!
Però certo, portarlo così tra la gente mi sembra un po’ prematuro, non sappiamo come potrebbero prenderla, né come potrebbe reagire lui!

Stanco di aspettare, il dodo si appende alla maniglia; per evitare di rimetterci la maniglia, la porta e il pollo, decido di assecondarlo.
“Allora, io fuori ti ci porto, ma devi stare attaccato a me, capito? Fammi un cenno con la testa, qualcosa per capire che hai capito!”. Mi fissa. Ha capito, non so come ma lo so.
“Però guarda, non andiamo in giro. Scendiamo dal portiere, al massimo all’edicola, e vediamo che succede. Tu non fare cose bizzarre, cerca di essere sobrio e silenzioso!”. Mi risponde agitando le piume della coda, come a dire che lui sobrio lo è sempre. Credo sia un gestaccio in dodese, prendo un appunto mentale.

Saluto il portiere, scambio qualche parola mentre raccolgo la posta, un occhio fisso sul pollastro che annusa le piante e si fissa come sempre su quelle finte. Prima o poi devo capire com’è che funziona questa passione per le piante di plastica. Il portiere lo ignora, proprio come se non lo vedesse. Bene, questa è una buona cosa. Facciamo la prova del nove dall’edicolante, giusto per stare tranquilli.

Diapositiva di donna – senza dodo – all’edicola. Purtroppo non sono io.
Credits: pixabay.

“Salve! Mi dia Vogue e la Settimana Enigmistica, per favore”. Uno sguardo di disapprovazione mi fulmina, non ho capito per quale dei due acquisti.
“Fammi capire, tu che leggi nel tempo libero? Airone???”
“Scusi, che ha detto?”
“No, no, mi perdoni, parlavo tra me e me”
Pago, prendo le riviste, prendo il dodo, e mi avvio verso casa. Bene, nessuno lo vede: basterà evitare di parlargli in pubblico ed è fatta.

All’improvviso vedo una bambina correre nella nostra direzione, armata di intenzioni poco chiare: ALLARME! ALLARME!
“Uuuuuuh, ma che carino il tuo animale!!! Si fa accarezzare?”
Prima che io possa rispondere inizia a coccolarlo, mentre la madre la rincorre chiedendo scusa. E ora, come glielo spiego?
“Ma che bello che è, guarda come gli piacciono le coccole, mamma!” e lo accarezza. Lui fa le fusa allegro; io, muta, aspetto la fine.

“Ma che bello, il suo cane. Lo ha da molto?”
“Il mio… cane? Ehm… no, è con me solo da poche settimane, è un trovatello.”
“Oh, che cosa dolce. Vieni, Greta, andiamo e lasciamo in pace la signorina. Buona giornata, eh!”
Si allontana con la bambina, che passandomi accanto mi fa “Lo so che non è un cane, ma è proprio bello! Prenditene cura, eh!”
Torniamo a casa in silenzio, lui che saltella tronfio perché una bimba lo ha appena coccolato, io che fisso il marciapiedi e rifletto. Entriamo in casa così, uno che guarda in cielo e un’altra che si fissa i piedi, come due creature assurdamente diverse che il destino ha abbinato per chissà quale scherzo.

“Quindi, se ho capito bene, sei tendenzialmente invisibile. I bambini però ti vedono. E la signora allora? Che aveva di diverso?”
Sbuffa. Mi fa segno di chiudere gli occhi e mettermi nella posizione dell’albero, come l’altra volta. Ora sbuffo io, ma eseguo per non beccarmi un’altra occhiataccia.

“Certo che te, per capire le cose… Gli adulti in genere non mi vedono perché non vogliono vedermi; i bambini sono diversi, loro mi vedono. Il punto è che se un bambino attira l’attenzione su di me, divento visibile anche per gli adulti intorno. Ma siccome gli adulti non sanno sognare…”
“… non ti vedono come un dodo. Chiaro. Molto poetica come cosa, ma il discorso fila. E, senti, io allora com’è che ti vedo?”
Non risponde. Apro gli occhi ed eccolo che è tornato a mordere la benedetta pianta finta sul davanzale. Mi sa che per oggi ho saputo abbastanza.

Devo partire per le ferie e ho con me un dodo parzialmente invisibile, parzialmente intelligente, parzialmente telepatico e parzialmente scremato. Sarà una lunga, lunga, lunga estate.

Lezioni di yoga per dodo

(Si consiglia di leggere con musica rilassante di sottofondo)

Lo yoga.

Questa meravigliosa disciplina che ti rimette in connessione con te e col mondo, riduce lo stress, aumenta la flessibilità, migliora la respirazione, fa bene al cuore, rafforza l’equilibrio e le funzioni cerebrali. In pratica, entri che sei Charles Manson ed esci che hai la calma del Dalai Lama, la flessibilità di Nadia Comaneci, il cervello di Einstein e il cuore di quello che saltava la staccionata in una celebre pubblicità.

Yoga, foto di qualcuno che sicuramente non sono io. (credits: Pixabay)

Per carità, sono sicura che fare yoga e meditare facciano un gran bene a corpo e spirito, ma per me che sono iperattiva e non riesco a stare più di due minuti ferma nello stesso posto, anche solo provare è una tortura. Senza contare la difficoltà aggiunta del pennuto ficcanaso, sempre presente a osservare il mondo con lo sguardo vispo di una nutria in coma; ti fa sentire sempre giudicato, sotto esame, anche se probabilmente è solo miope.

In un impeto di follia, ho deciso comunque di provare ‘sta storia dello yoga, perché fa bene e perché avevo finito le scuse per la mia prigrizia. Il dodo era nella cabina armadio, a tentare di infilare un laccio nei buchi della scarpa che gli ho regalato: è così negato, che il giochino può intrattenerlo per ore. Ne ho approfittato e ho messo il mio bel video su youtube, mi sono seduta sul tappetino e ho iniziato a seguire la voce della signorina.

Musica rilassante. Già iniziamo male: così mi viene sonno.

La signorina spiega come incrociare le gambe, invitando a mettere entrambe i piedi sulla gamba opposta. Mia cara, già è tanto se riesco a mettermi a gambe incrociate senza rompermi i legamenti, io non spingerei troppo. Ecco, mi sto distraendo di nuovo. Focalizziamo. Inspiraaaaaah, espiraaaaaaaah. Inspiraaaaaaah, espiraaaaaaah.

Chiudo gli occhi per un momento, per concentrarmi meglio su quello che sto facendo. Quando li riapro, accanto a me c’è il pennuto che osserva lo schermo: ti pareva che non dovesse ficcare il naso.

La signorina intanto inizia a mostrare gli Asana, che con fatica cerco di riprodurre. Mi tira tutto e non ho flessibilità. Io. Il pennuto no, lui è flessibile come un giunco, ed esegue le posizioni come se fosse la cosa più naturale del mondo. Convivo con Dalai Dodo e non lo sapevo.

“Piumoso, ma da quando capisci le altre persone tu?”

Mi guarda sprezzante, mentre passa dal Guerriero II al III con estrema eleganza. Io perdo l’equlibrio ogni tre secondi e, se non fosse per il divano vicino, avrei già sbattuto la faccia a terra più volte. Mi osserva, altezzoso e spazientito, e inizia a blaterare.

“Blblblblbl. Bl!”

“Coso, non ti capisco così, non parlo il dodese

Insiste, con una certa rabbia nella voce: “Blblblblbl!”

“Senti, già sono in una posizione precaria, in tentato equilibrio su un piede solo: tu non sai nemmeno volare, non puoi giudicarmi!”

Sbuffa, chiude gli occhi e realizza una perfetta posizione dell’albero. Sembra rilassato, respira a fondo. Poi riapre gli occhi e mi guarda, fisso: credo volesse mostrarmi come fare, perché poco dopo mi si avvicina e inizia a darmi dei colpi per mettermi in posizione. Quando finalmente ci sono, strizza gli occhi varie volte, per suggerirmi di chiuderli, e sbuffa finché non lo faccio.

Li chiudo. Sono stranamente in equilibrio, e credo che lui lo sia accanto a me, sento il calore. Per un secondo smetto di pensare, ed è allora che succede.

“Vedi, sciocca di un’umana? Se ti ci applichi, ce la puoi fare perfino tu!”

Perdo l’equilibrio e cado. Sono certa che non abbia parlato… quindi deve aver imparato a comunicare telepaticamente. O forse, ho imparato io. Lo guardo basita, mi guarda basito. Vorrei chiedergli mille cose, ma non so da dove iniziare. Mi limito a fissarlo, mentre lui fissa me. Come sempre, andiamo avanti per così tanto che quasi sento i rotoli di paglia e polvere passare. Poi, mentre sto per aprire bocca e fare domande, apre le ali e, zompettando per la stanza, va a beccare una pianta che già gli ho detto essere finta. Ogni volta che inizio a convincermi della sua intelligenza, fa qualcosa di profondamente stupido. Non ho capito se lo faccia di proposito o meno.

Nella mia cabina armadio vive un dodo potenzialmente telepatico, potenzialmente intelligente, potenzialmente simpatico e che fa yoga. Che belli i tempi in cui ci tenevo solo i maglioni.

Dodo Doubtfire

“LIPU, buongiorno, come posso aiutarla?”

“Ehm, sì salve. Volevo delle informazioni, posso parlare con lei?”

“Certo, mi dica pure!”

“Senta, io avrei trovato un dodo e vorrei capire come muovermi. Sa, non so esattamente cosa mangi o che abitudini abbia. Mi potrebbe mica dare una mano?”

“…”

“So che la richiesta le può sembrare bizzarra, ma ecco, insomma, voi siete la LIPU, se non sapete aiutarmi voi…”

“…”

“Vabbé, mi dico tututututu da sola e facciamo prima. Buona giornata!”

Depennati anche loro dalla lista, mi restano da chiamare solo il mago Othelma e Licia Colò e poi le avremo provate davvero tutte. Mi chiedo se io abbia Urano in quadratura, se sta a triangolo isoscele, o semplicemente faccio divertire tantissimo gli déi. A volte me li immagino lì, riuniti a casa di uno di loro come quando gioca la nazionale, che fanno il televoto per decidere la prossima sfida. Se no davvero non si spiega perché ci sia un volatile non volante nella mia cabina armadio.

Ah sì, dimenticavo: il dodo vive temporaneamente nella mia cabina armadio. Ce l’ho esiliato dopo essermelo ritrovato appollaiato sul letto, con estrema nonchalance, che pretendeva di dormire con me AD AGOSTO. “Pennuto, non ci pensare nemmeno. Fai più calore della coperta termica, non mi pare il caso. E poi con tutte queste piume, sai gli starnuti? Guarda, ti offro ospitalità qua, tra scarpe e vestiti. Gradisci?”. Mi ha guardato con quel cipiglio profondo di quando sta per fare qualcosa di estremamente idiota. Si è guardato intorno, sollevando delle sopracciglia che nemmeno pensavo avesse (sto imparando più io sugli uccelli che… vabbé, s’è capito), ha girato in tondo e poi ha ritenuto che le mie scarpe da ginnastica fossero il posto ideale per dormire. Boh, la puzza gli ricorderà dodolandia?

Ogni tanto di notte mi alzo, e controllo che sia ancora lì e che stia bene: dopotutto, potrebbe aver bisogno di me e non essere in grado di chiamarmi. E poi nella cabina armadio ho anche il ladro che dorme sul soffitto, meglio controllare.

Quando l’ho visto dormire, mi è venuto spontaneo un facepalm; non è il primo da quando è approdato qui, ormai mi do manate in faccia in continuazione. In pratica, si arrotola come un cane e poi nasconde la testa sotto un’ala come una gallina. Fin qui tutto normale: però poi di notte sogna, o si muove, o Dio solo lo sa che combina, e lo ritrovo disposto a quattro di bastoni, con le zampe in spaccata, mezza ala che gli copre la faccia girata di lato, il becco aperto e la lingua penzoloni. Che animale elegante. Solo me poteva scegliere (e sul perché proprio me, sto ancora dibattendo, sebbene l’ipotesi del televoto divino sembri essere la più sensata).

La mia routine del mattino è cambiata: ora mi sveglio, metto su la teiera, controllo se le piume sono al loro posto, e poi faccio tutto il resto. Credo mi stia studiando: ambiente nuovo, suoni e odori nuovi, ci sta che sia timido e diffidente. Ogni tanto appaiono lentamente un becco e un occhio sottile come una fessura. “I am watching you”. E lentamente scivola di nuovo nell’armadio.

Con l’arrivo dello struzzo portatile, per qualche giorno in casa mia è mancata la musica. Tanta era la concentrazione su di lui, che l’esigenza si è come assopita. Ma oggi è giorno di pulizie e, si sa, occorre Mrs. Doubtfire. Scopa alla mano, cassa bluetooth, cellulare, youtube su Dude (Looks Like a Lady) e si parte. Ho iniziato a spazzare in giro, con la scopa usata a mo’ di microfono che Steven Tyler lévate. Non si dica che si possono fare le pulizie in altro modo, non ci crederò mai.

Il piumato è uscito lentamente dalla “sua stanza” e credo mi abbia osservato da lontano per un po’, cercando di capire che stessi facendo con quell’arnese e tutto quel baccano. Poi mi si è affiancato, proprio mentre ero nel meglio dell’ultimo ritornello, e mi ha fissato. Mentre ci guardavamo – e io ancora canticchiavo – piano piano, ha iniziato a scuotere la coda, destra, sinistra, destra, sinistra, sempre più forte, mentre la testa sembrava portare il tempo. Che dovevo fare? Mi è partita la carica e ho cominciato a cantare a squarciagola e a ballare, col dodo che faceva il resto della coreografia.

Ci metterei la mano sul fuoco che eravamo bellissimi. Peccato che nessuno ci abbia visto. Meno male che nessuno ci ha visto.

P.S.: il dodo ha un ottimo gusto musicale, a quanto pare. Mi inizia a stare simpatico, questo coso piumoso. Penso che gli insegnerò il ballettino di Dirty Dancing, ma faccio io Patrick Swayze…

Living with a dodo I

È passata circa una settimana da quando la creatura polliforme è apparsa sul mio zerbino, dritto dal passato, in piume e ossa. Questi giorni sono stati una continua montagna russa tra “lo tengo”, “lo porto al canile più vicino e lo lascio lì”, “è sofficiffimo, voglio che viva con me per sempre” e “potrei portarlo in un bosco e scappare via”. A mia discolpa va detto che:

  1. è da un pezzo che non condivido la casa con altri esseri che occupino più di un vaso. Non credo che il dodo si lascerebbe piantare senza protestare;
  2. è difficile vivere – o anche solo pensare di farlo – con una creatura estinta, che i più ritengono preistorica, e di cui si sa ben poco;
  3. sfamare questo coso è complicato. Di certo non posso andare al supermercato e comprare la Purina per i Labrador; rischio di avvelenarlo, e poi chi glielo spiega al portiere perché ho un cadavere di dodo in casa?

Che poi, ammesso che volessi tenerlo a vivere con me, il pennuto non parla e io non so come prendermene cura. Quanto vorrei avere Piero Angela sottomano, in momenti come questo…

Intanto, mentre valuto come chiedere aiuto senza che mi si faccia il TSO, lo tengo qui con me, nella speranza di capirci qualcosa. Cerco di intuire le sue abitudini: appena arrivato gli ho chiesto “Be’, ma tu dormi, no?”. Mi ha fissato. A lungo. Molto a lungo. Poi, mentre le stagioni si susseguivano fuori dalla mia finestra e i miei capelli si imbiancavano, ha smesso di fissarmi e si è messo a zompettare per la stanza, in preda a una crisi indefinita, con passi rapidi accompagnati da versi che vorrei poter registrare.

All’improvviso, si è fermato al centro e lentamente si è accovacciato. Un lampo mi ha attraversato il cervello: l’ho afferrato di colpo, sollevato – quanto il suo peso mi permetteva – e portato in bagno mentre gridavo “FERMOFERMOFERMOFERMOOOO!”. Giusto in tempo. Avrei avuto la casa piena di escrementi dòdici.

La storia dello scarico deve essergli piaciuta, perché è rimasto a fissarlo tutto il pomeriggio, affascinato, cercando di azionarlo prima con un’ala, poi con una zampa. Un tonfo mi ha fatto capire che si era ribaltato in orizzontale: non aveva valutato che se sollevi una zampa così in alto e non hai l’estensione di Carla Fracci, perdi l’equilibrio e cadi. Ore dopo – intanto ho una vita, non potevo restare accanto al water con un dodo testardo – l’ho sentito gioire. Almeno credo. Sentivo un “Blblblblblb” dal tono felice; l’ho trovato che, compiacendosi, scaricava col becco e poi mi guardava tronfio. Se avesse appena salvato il mondo sarebbe stato meno fiero.

L’ho portato fuori dal bagno prima che consumasse le riserve idriche dell’intero paese. Intanto, il fatto che avesse imparato ad usare il bagno mi aveva talmente sconvolto che, in un momento di estremo ottimismo, ho inziato a ripetergli “BA-GNO” come si fa con i bambini. “Prova a dirlo, BA-GNO. Su, ripeti con me, BA-GNO”. Mi ha fissato a lungo. Di nuovo. Altre stagioni si sono susseguite. Lentamente – alle volte sembra un bradipo, più che un dodo – Si è avvicinato. Ha inclinato la testa più volte. Poi ha aperto il becco e, copiando la mia cadenza, ha detto “BL-BL!”. Mi ha leccato la faccia e se n’è andato a girare per la stanza, sorridente.

Vivo con un dodo che usa il water e non parla. Vivo con un dodo che dorme tra i miei vestiti – di questo parleremo nella prossima puntata. Vivo con un dodo. Il TSO sembra sempre più vicino.

Le origini del mito

Questa storia inizia nel ‘500, quando i viaggi di esplorazione verso terre extraeuropee erano all’ordine del giorno, diffusi più dei funghi in autunno nelle valli bergamasche. Ben prima di fashion bloggers, dj, influencers e ph., il lavoro più alla moda era uno soltanto: l’esploratore.

“Ma quindi, tuo figlio, cusa l’é che fa?” “Be’, fa l’esploratore. In pratica, sai, viaggia molto, scopre nuovi territori, colonizza nuove popolazioni, scrive diari… vede cose, conosce gente. Un bel mestiere insomma, siamo fieri di lui!” “Ah. Quindi l’è disoccupato, eh?” “Eh. Andiamo a farci una bevuta, va'”.

In tantissimi partivano dall’Europa, carichi di speranze e progetti di grandezza, che si sarebbero tradotti in malattie, febbri, accoltellamenti, ammutinamenti e, di tanto in tanto, morte violenta.

Fu proprio durante questi viaggi esplorativi che, in quel delle Mauritius, dei viaggiatori incontrarono una creatura nota come dodo: un volatile non volante (come si può dire in questi casi? Camminante? Andante?), di circa 23 kg di peso, con un folto piumaggio, becco ricurvo e sguardo diversamente intelligente. Un incrocio tra un tacchino, un tucano e uno scaldabagno, insomma.

Gli esploratori non lo sapevano ancora, ma avevano incrociato il cammino di una creatura mitologica dagli immensi poteri, poteri così misteriosi che… non si capì mai cosa sapesse realmente fare. A causa delle sue scarse doti di adattamento e del contatto con gli umani, nel 1681 il dodo si estinse: così finiva la sua grandiosa avventura, prima ancora che potesse iniziare.

Almeno, questo era quello che credevo anch’io finché non me lo sono ritrovato davanti, in piume e ossa. Stavo uscendo per buttare la spazzatura quando, trecentotrent’otto anni dopo, un dodo è apparso alla mia porta in tutto il suo splendore: piume al vento, fisico grassoccio, becco ricurvo e sguardo di una triglia appena pescata. Chi avrebbe saputo resistere a tanta tenerezza?

E così, è da qualche giorno che l’ho adottato – o lui ha adottato me, stiamo ancora decidendo. Sicuramente pian piano verranno fuori i suoi poteri, le sue abilità, ma al momento ammetto di sapere molto poco di lui: non so neppure esattamente cosa dargli da mangiare. So che quando beve mi allaga la casa, che quando gli parlo inclina la testa e mi osserva basito, e che se non lo metto nella giusta direzione continua a camminare contro i muri, come in SuperMario Bros.

A pensarci bene, forse avrei dovuto lasciarlo sul pianerottolo…