Sternocleidomastoideo. Un muscolo, a detta di Google e di Wikipedia (anche nota come “nostra signora degli ignoranti”), nonché la parte del mio corpo che il dodo sembra preferire. Nei primi tempi di vita insieme, il nostro contatto si limitava a delle beccate – sue – quando non era d’accordo, e a delle pacche sulla testa – mie – per premiarlo nei pochi momenti di brava dodaggine. Pochi, radi, quasi inesistenti. In pratica, io avevo varie escoriazioni da becco, ma lui poche piume scompigliate dalle mie mani.
Poi, qualcosa nel nostro rapporto è cambiato. Sarà successo quando ho iniziato a sfamarlo con lasagne e parmigiane di melanzane, o quando gli ho mostrato il funzionamento del rubinetto. Il miracolo dell’acqua, che esce muovendo una leva, lo ha incantato. Mi ha fissato. Perplesso. Inclinando la testa e muovendo quel solito sopracciglio che i dodi non dovrebbero avere. Poi ha fissato il rubinetto. Me. Rubinetto. Di nuovo me. E, minuti dopo, è esploso in urla festive che suonavano molto come una gallina isterica che ha inghiottito un fischietto e poi è salita su una montagna russa.
Sarà stato quello a cambiare il nostro rapporto, o forse il fatto che, in un impeto di affetto – più probabilmente, sindrome premestruale – gli sto facendo una sciarpa colorata per l’inverno. Preferisco non commentare. Sarà stato semplicemente che si è affezionato a me, che sembra strano ma può succedere, eh. Ho i miei lati positivi, da qualche parte. Fatto sta che il piumocoso ha preso l’abitudine di addormentarsi accanto a me, poggiato sul mio collo. Si appollaia sul cuscino accanto, e poi poggia il becco su quel muscolo strano trovato su Google; e così si addormenta. Il mio sternocleidomastoideo lo rilassa; sto quasi pensando di brevettarlo come valeriana per volatili.
Potrebbe sembrare una cosa dolce e carina, ma non so se la bizzarria della situazione sia abbastanza chiara. Il dodo russa. Si addormenta carino e coccoloso sul mio collo, e dopo dieci minuti sbava a becco aperto, russando come una ruspa in calore. Mi addormento con Winnie the Dodo e mi risveglio con la bavosa mediterranea.
Intanto gli sto insegnando cose: l’ultima è stato come aggiustare un telecomando che non funziona. Ora anche lui gira per caso picchiando telecomandi con le penne. E questo mi fa pensare che, a stare a contatto con me, sta iniziando a somigliarmi, o io a somigliare a lui. In tutti e due i casi, ho paura…
Ricordo i tempi in cui viaggiavo da sola come i momenti più belli. Il fatto di non avere con me amici, parenti, innamorati o innamorandi, nessuno su cui contare, per così dire, mi dava ogni volta la possibilità di scoprire qualcosa di me, di ritrovarmi anche se non sapevo di essere persa, di conoscere il mondo in un modo nuovo. Esplorare da solo posti che non conosci – e a volte anche quelli che conosci – ti obbliga ad aprirti alle persone che incontri lungo il cammino, alle tradizioni, ai luoghi.
Queste cose bellissime accadevano nell’epoca AD, Ante-Dodo. Poi un giorno ho aperto la porta e, come la sventurata che rispose di manzoniana memoria, la mia vita non è stata più la stessa. E nemmeno i miei viaggi. Adottando il pennuto – ebbene sì, ammettiamolo: l’ho adottato – mi sono impegnata a prendermi cura di lui, il che significa portarmelo anche dietro nei viaggi. Ora, fossi una persona che si sposta una volta ogni tanto, non ci sarebbero grossi problemi. Caricarlo in macchina e portarlo a fare le ferie in Maremma o a Varcaturo sarebbe pure fattibile. Purtroppo o per fortuna, un po’ per lavoro un po’ per Wanderlust, viaggio varie volte in un anno, spesso in aereo. E mo’?
Quest’anno, ben prima che la mia vita si riempisse di piume peggio della giornata di una Drag Queen, avevo progettato un viaggio nell’Isola di Smeraldo. Sognavo l’Irlanda da anni, ma sapevo che ne avrei visto una parte piccolina e che sarei dovuta tornarci: sarebbe stato un assaggio, ma già pregustavo il sapore di birra scura e trifoglio, di fish&chips e salsedine, di Irish breakfast e di Bono. Sì, pregustavo anche lui, convinta che lo avrei incrociato per caso tra le vie di Dublino e che mi avrebbe invitata ad andare in tour con gli U2 come lucida-piroli.
Ma, SPOILER ALERT: credo che gli U2 abbiano già chi lucida i piroli, e alla fine non sono in tour con loro. Eppure ci sono andata così vicino… Saltato il sogno di una vita, ho cercato di godermi il mio bel viaggio, il primo dell’epoca PD, Post-Dodo. Non andrò nei dettagli perché, credetemi, ci sono cose che voi non volete sapere e che io voglio dimenticare. Ma potrete intuire com’è l’Irlanda vista con un dodo, leggendo il breve elenco sotto, che ho chiamato “10 buoni motivi per viaggiare senza dodi“:
Ogni volta che mangiate fish&chips, il vostro dodo da compagnia vi osserverà disgustato, pensando che lui no, non avrebbe rovinato del pesce cuocendolo, ma lo avrebbe mangiato fresco e piuttosto vivo. Sempre che il pesce gli fosse saltato in bocca, giacché non sa manco pescare;
Non importa quante volte gli direte di mantenere il decoro nei musei: lui continuerà caparbiamente a ignorarvi, cercando di mangiare gli arazzi, annusando le statue, e mostrando il sedere ai quadri che SECONDO LUI lo guardano male. E per quanto gli oggetti preziosi siano in alto, lui ci arriverà;
Le scogliere irlandesi sono notoriamente pericolose. Se viaggiate con Dodo Magoo, lo sono ancora di più. Lui non guarda dove mette le zampe, vaga sereno, a caso. Munitevi di un guinzaglio con contrappeso;
Flirtare con un dodo al seguito è impossibile. Non per la forma – che gli altri vedono canina – ma per l’immensa ficcanasaggine. Immaginate uno scambio di sguardi con un interessante e bell’irlandese. Vi piacete, vi sorridete da lontano, ammiccate. Voi già immaginate i vostri bellissimi figli con le lentiggini e gli occhi verdi, Saoirse e Kieran. Il dodo, con il suo tipico sguardo intelligente e gli occhi a palla, appare tra voi e lui. Magia finita, addio figli, sipario;
Il pennuto compra molti souvenir, che poi IO devo pagare e portare in valigia. È un po’ gazzaladra e un po’ snaso, solo più ebete. Ora nel mio salotto abbiamo tre pecore irlandesi di vetroresina, una lira portasale e un leprecauno alto un metro;
Il fac simile di tacchino non passa per nulla inosservato, almeno se viaggiate in posti freddi. Ho girato l’Irlanda col dodo che pensava di essere al Polo e i passanti che mi ripetevano checcarinoilsuocaneconsciarpacappelloemantello. Una maschera e facevamo Zorro. Aspetto di andare al mare per vederlo con le pinne, il fucile e gli occhiali;
Il dodo non regge l’alcool. Sia chiaro, non lo avrei mai fatto bere! Ho semplicemente ordinato una Guinness per me, l’ha annusata ed è crollato ubriaco. Mi è toccato portarlo in hotel sulle spalle.
L’essere beccodotato ha una predilezione per i gabbiani, con cui cerca di fare amicizia. I gabbiani, notoriamente bastardi, non hanno una predilezione per lui. In mezzo, io che cerco di mediare. Credo esistano prove fotografiche, che brucerò;
L’ossigeno dell’aereo ha sui dodo l’effetto del gas esilarante sugli umani. Quando siamo atterrati e me l’hanno riportato, rideva. O almeno credo;
Il vostro dodo vorrà fare le escursioni con voi, ma non darà retta alla guida e voi dovrete dare retta a lui per evitare che si uccida per errore. Cadendo a faccia in giù in una pozzanghera, ad esempio.
Fate come me, visitate anche voi la bellissima Irlanda: mangiate del buon burro locale, bevete té a profusione – o birra, se è la vostra bevanda -, respirate aria pulita e passeggiate nel verde. E cercate di vendere il dodo a un locale allevatore di pecore, PRIMA che si accorga che non bela.