Happy New Dodo!

Ho sempre avuto l’abitudine di fare liste e resoconti, nel tentativo di afferrare futuro e passato, o forse semplicemente per non dimenticare da dove vengo e dove vado. Ogni anno, da che ne ho memoria, ho compilato una lista di buoni propositi, rigorosamente scritti a penna per sentirli più miei; ad ogni fine anno, da che ne ho memoria – o da che ho un accesso ad Internet – ho fatto il punto della situazione, per vedere se avevo raggiunto quegli obiettivi, o semplicemente ricordare a me stessa che non ero ferma, dopotutto.

Sembrano tutti diversi, i nuovi inizi, e forse lo sono: questo lo è sicuramente, perché chiude un decennio e un ciclo, almeno per come mi piace vederla.

Dieci anni fa ero spaesata, in una vita che non riconoscevo del tutto, a capire chi o cosa volessi essere. Oggi ho un dodo, che non mi lascia scrivere le mie liste in pace e se mi distraggo mi mangia il copriletto.

Una stellina che il dodo ha voluto tenere in zampa. Poi ne ha voluta un’altra. E poi ha cominciato a correre per la casa, una stella in ogni ala, fingendosi aereo. Di questo non esistono prove fotografiche.

– Che poi, mi chiedo, ma tu come mai sei arrivato giusto ora? Cioè, l’hai progettato il momento o cosa? –
Mi guarda fisso, poi abbozza un sorriso. Non so se l’ho già detto, ma quando un dodo sorride sembra IT prima di uccidere qualcuno. Però ormai mi sono abituata e capisco che il suo non è un ghigno omicida, ma un gesto carino. Nella sua mente, almeno.

– Perché sai, ci ho pensato spesso da quest’estate… se tu fossi arrivato in un altro momento, non so come sarebbero andate le cose. Non so neppure se sarei stata in grado di vederti –
Si acciambella sul mio letto, e mi fissa curioso, con quello sguardo che ancora mi fa chiedere se capisca qualcosa di quello che dico.

– Sì, beh, sono cambiate molte cose, sai? Chissà cosa avresti pensato di me se mi avessi conosciuta prima! Pensa che un tempo non sapevo andare a capo nella stessa riga di Excel, capisci? E poi… beh, ho fatto dei viaggi folli in solitudine; dovrei mostrarti le foto, una di queste volte. Mi sono messa a dieta e mi ci sono tolta varie volte… Ho perso una persona, una volta, sai? Proprio come si perdono le chiavi o l’ombrello; l’hanno trovata giorni dopo che vagava per il centro. Potrei perdere anche te, fai attenzione… Ah, e poi ho conosciuto un sacco di gente strana, alcuni strani dentro, altri strani fuori. Tipo quello che mi disse “Trust me, I’m a doctor”; lo avresti adorato, mi sa. Alcuni li avresti beccati a sangue, e forse avresti fatto bene. Però ecco, guardando indietro a tutta la strada che ho fatto in questi anni, davvero penso: perché ora? Proprio ora che sono così… diversa? –

Mi guarda; sospira, chiude gli occhi, un po’ come quando fa yoga. E di nuovo sento la sua voce nella mia testa, una voce serena e solenne:

– La risposta te la sei data, perché continui a farmi la stessa domanda? Non potevo trovarti prima, non eri pronta. Stavi camminando per arrivare al crocevia, mi è toccato aspettare. A volte sai essere snervantemente lenta, umana. Capisci le cose eppure ti ostini a sbagliare –
– Ah beh, detto da chi mangia piante palesemente finte… –
– Ehm, ehm, non è questo il punto. Io sono un’elegante e antica creatura, non come voi che siete ancora allo stadio zero dell’evoluzione! –
– Posso ricordarti che ti sei estin…-
– E alloooooora! – per un attimo, rivedo Dodo Maionchi. Poi riacquista la calma e respira lentamente: – Basta con questa storia, uno non si può allontanare un attimo che subito ti dichiarano estinto! E in ogni caso non era di me che stavamo parlando… –

Mi fa una gran tenerezza quando sbraita, mi viene voglia di ridere.

– Alcune cose dovevi farle da sola; dovevi capire e questo richiede tempo. Tu poi sei particolarmente ottusa. Ah, e poi dovevi guarire, e questo richiede ancora più tempo –
– Farò finta di non aver sentito che mi hai dato dell’ottusa… Quindi secondo te sono guarita? E da cosa poi? –
Mi guarda, come se mi volesse scrutare dentro. Si avvicina, sempre di più, fino a che i suoi occhi a palla sono vicinissimi ai miei. Apre il becco come se volesse dire qualcosa; poi, sempre telepaticamente sento un – Sotto coperturaaaaaaaaaaa! – accompagnato da un – Babbaaaaaaaaaaaaaaah! – non telepatico.
Gli scoppio a ridere in faccia, come al solito, mentre si mette una coperta sulla testa per andare “sotto copertura”. Una delle sue solite adorabili cose insensate.

Ormai è chiaro: mi spiega fin dove vuole, racconta fin dove vuole, è serio fin quando vuole. Dopo un po’, si annoia e il suo cervello non evoluto si distrae. Questa è una delle cose che adoro in lui. E se è piombato nella mia vita disordinata e disordinaria proprio quest’anno è perché così doveva essere.

Facendo il punto, il 2019 ha portato un dodo nella mia vita. Faccio bene a temere il 2020, vero?

PS: la creatura suggerisce di cambiare il nome da Capodanno a Capododo, in suo onore.

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