Dodo in scatola

Houston, abbiamo un problema.
Il mio dodo domestico – dodomestico, per semplicità – non vuole traslocare. Non che io glielo abbia chiesto, figuriamoci; era previsto che accadesse, e non ho pensato fosse un problema per lui. Mi ero illusa che, come qualunque altro animale da compagnia, si sarebbe limitato ad osservarmi e ci avrebbe messo un po’ ad abituarsi al nuovo ambiente; di certo non avevo valutato di coinvolgerlo nel processo decisionale. Ma no, lui no: quando ha intuito cosa stava accadendo, si è messo di punta e ha iniziato le proteste.

Tutto è cominciato quando mi ha visto fare i primi pacchi: all’inizio ha pensato si trattasse di un nuovo gioco e ha fatto amicizia con gli scatoloni, studiandoli da vicino con fare profondamente felino. Per ore, mentre fissavo abbattuta la mole immensa di cose che devo impacchettare – pur vivendo in un monolocale sono riuscita ad espandermi come l’universo, e come l’universo continuo a farlo – il palmipede ha giocato sereno, credendo di nascondersi e di stupirmi ogni volta, ignaro del fatto che, se non si accovaccia, il suo sederone esce dai cartoni, tradendolo.

A un certo punto, quella misera lampadina sbeccata che ha nel cervello deve aver fatto contatto: ha capito che in quegli scatoloni ci stavo mettendo cose, le mie cose, e in un attimo mi ha dichiarato guerra.
Gli occhi si sono istantaneamente ridotti a due fessure, l’andatura si è fatta fiera e marziale e, in men che non si dica, me lo sono ritrovato con lo scolapasta in testa e il bastone appendiabiti in mano, a sorvegliare la cabina armadio.

Ora, io ho un lavoro, una vita, una quotidianità, a tratti perfino una vita sociale… non posso vivere in balìa di un pennuto folle, che prende decisioni su cose che non sa e non comprende! Eppure, sono giorni che devo mettere sempre gli stessi vestiti – quelli che avevo tirato fuori prima della guerra – perché nella mia cabina armadio non ci posso più entrare. La sentinella non mi lascia passare.

Per aggirare il problema, ho iniziato a mettere negli scatoloni il resto delle cose, ma la guerra è guerra: appena mi distraevo, andava e toglieva quello che avevo messo dentro. Basta, non può andare avanti così, è tempo di finirla.

Eccoci qui, in trenta metri quadri pieni di scatole e cianfrusaglie, a fissarci in cagnesco – io, lui mi fissa in dodesco. Prendo un oggetto e lo metto nella scatola, senza interrompere il contatto visivo. Lui lo prende e lo sposta, facendo altrettanto. Ripeto; ripete. Andiamo avanti così per mezz’ora, due imbecilli che evidentemente non hanno di meglio da fare.

– Ma insomma! Lo vuoi capire o no che dobbiamo lasciare questo appartamento? Non è più nostro, andremo a vivere da un’altra parte; è inutile che insisti. Che diamine insisti poi, si può sapere? –
– A me piace qui, ormai ci ho fatto l’abitudine. Non voglio andare da un’altra parte –
– Ho capito, anche io ci ho fatto l’abitudine, e non credere che mi piaccia fare traslochi… ma tocca cambiare. Il cambiamento non è mai facile, però è parte della vita. Questo lo sai, sì? –
Guarda il pavimento, strusciando una zampetta in cerchio, in uno strano momento introspettivo. Mi siedo accanto a lui, sospirando.
– Senti, lo so che ti mancherà questo buco d’inferno, mancherà anche a me dopotutto. Mi ci sono affezionata, che credi? Ci ho vissuto per un po’, ci sono pezzettini di me sparsi tra le mura e le fughe del pavimento: in questi mesi ci sono stata felice e triste, ci ho sognato; è qui che sono cresciuti i miei progetti, ed è qui che mi hai trovata e siamo diventati… una famiglia –
Mi guarda con degli occhioni tenerissimi, da Gatto con gli Stivali, che non credevo di avergli mai visto prima.


– Sì, dai, lo sai che siamo una specie di famiglia. E questo non cambierà, anche se dormiremo sotto un nuovo tetto. Avrai perfino più spazio per te, pensa! –
– Mmh. Mi prometti che ci saranno delle piante? –
– Ci saranno tutte le piante che vuoi, vere e finte –
– E potrò dormire nel tuo armadio, ogni tanto? –
– Troveremo un modo –
– Dodo? Chi ha detto dodo??? Eccomi, sono io! Bbbbbbbbaaaaaah! –

Spalanca le ali e corre per la stanza, travolgendo tutto quello che incontra.
A volte sembra folle – e in parte lo è davvero -, ma stavolta voleva solo farmi capire che ci sta, senza dirmelo apertamente. Un dodo orgoglione, il MIO dodo orgoglione.

Sarà una nuova, bella avventura insieme, questa. Speriamo solo non voglia essere inscatolato insieme al resto…